“La vera sfida è integrare le competenze per formare personale sempre più preparato ad affrontare i casi di riabilitazione cognitiva a seguito di un trauma cerebrale, colmando una carenza presente sia a livello universitario sia nel sistema sanitario nazionale”. A dirlo è stato il dottor Giuseppe Zappalà, neurologo dell’ARNAS Garibaldi di Catania, all’apertura del Master teorico pratico di formazione in riabilitazione cognitiva “Sapere e saper fare”. Un’iniziativa promossa dalla Cooperativa Sociale Sogno e Vita e da Brain ODV.

Il primo dei tre moduli in cui è suddiviso il Master si è svolto il 6 e 7 maggio scorsi e ha visto la partecipazione di una trentina di professionisti tra medici, logopedisti, psicologi, fisioterapisti e terapisti occupazionali.

Particolarmente sfidante il tema della due giorni: il danno cerebrale diffuso.

Che cos’è il danno cerebrale diffuso

“Si tratta di un danno legato a una patologia traumatica. Di fatto, il cervello riceve una forte scossa all’interno della scatola cranica, subendo delle lesioni che finiscono per interessare, di riflesso, anche l’altro emisfero. Non solo: soffrono pure altre strutture, come il tronco dell’encefalo e il corpo calloso, ovvero quella banda di sostanza bianca che collega i due emisferi cerebrali – spiega il neurologo, tra i principali relatori del Master –. Questo tipo di danno è la conseguenza di incidenti stradali o di anossie, vale a dire di quelle situazioni in cui il cervello, dopo un arresto cardiaco, rimane per troppo tempo senza ossigeno”.

L’incidenza del danno cerebrale diffuso è elevatissima. In Italia si attesta a circa un milione di casi all’anno e colpisce in prevalenza i giovani. Ma è bene fare dei distinguo: la gravità non è uguale per tutti.

“L’80% dei casi è dato, in genere, da traumi lievi. La perdita di coscienza è limitata e i risvolti negativi sono contenuti. Il restante 20%, invece, riguarda casi molto gravi o moderatamente gravi che comportano un’ospedalizzazione piuttosto lunga”.

I progressi nelle cure… con un “ma”

Se nel passato il traumatizzato non sopravviveva perché l’organizzazione dei soccorsi, la disponibilità di attrezzature adeguate e la formazione del personale erano scarsi, oggi la situazione può dirsi completamente ribaltata. Se prima, infatti, circa il 90% delle persone non ce la faceva, oggi è il 90% a salvarsi, tornando a una qualità di vita mediamente buona.

Il percorso di recupero è più complesso, invece, per le persone con un trauma grave.

“Una volta uscite dall’ospedale, dove viene effettuata una riabilitazione di tipo motorio, non dispongono di servizi che consentano loro anche una riabilitazione di tipo cognitivo e comportamentale – spiega il dottor Zappalà –. La patologia traumatica, infatti, porta con sé vari disturbi della sfera cognitiva, come quelli di memoria, di attenzione, della personalità oppure irritabilità e sbalzi di umore. Talvolta sono tratti preesistenti al trauma e, per questo, possono rappresentare dei fattori di rischio. Ecco perché noi medici cerchiamo di conoscere il profilo caratteriale e comportamentale di questi pazienti (spesso si tratta di ragazzi di sesso maschile), nonché se fossero noti disturbi di natura neurobiologica come l’iperattività”.

La strada verso la riabilitazione cognitiva e comportamentale

Sono rare le strutture in Italia che mettono al centro la riabilitazione globale del paziente che ha subito un trauma cranico grave.

Brain, a Vicenza, sta facendo da caposcuola – commenta l’ospite del Master –. Edda (Sgarabottolo, ndr) ha fatto proprio il programma di riabilitazione olistica che negli USA, dove lavoravo più di 30 anni fa, era già attualità. Lei lo sta portando a livelli altissimi per quelli che sono gli standard nazionali”.

Studiare il cervello è di certo complesso, ma mettere a fattor comune le conoscenze su questo tema, da vari punti di vista, compreso quello della riabilitazione cognitiva, sembra esserlo ancora di più. Il sistema universitario non fornisce una formazione integrata e, di conseguenza, quello sanitario non può mettere a disposizione personale ad hoc.

A soddisfare questa esigenza ci sta pensando il Master, che vede lavorare fianco a fianco professionalità diverse, nell’ottica di creare un “continuum” riabilitativo ed assistenziale e di porre fine alla frammentarietà e all’inadeguatezza che caratterizza spesso gli interventi di recupero.

In breve, lo scopo ultimo rimane quello garantire ai pazienti e alle loro famiglie il miglior livello di qualità di vita in rapporto alla singola disabilità.

I prossimi appuntamenti

Il Master prosegue con altri due moduli.

Il 23 e 24 settembre si parlerà di danno cerebrale focale, ossia delle lesioni circoscritte a un’area del cervello, come quelle derivanti da un’ischemia o da un’emorragia.

Il focus conclusivo, in programma il 2 e 3 dicembre, verterà invece sulle malattie degenerative e infiammatorie.

“La popolazione invecchia e i disturbi di memoria sono sempre più frequenti – conclude il dottor Zappalà –. Purtroppo anche questo è un argomento poco trattato a livello nazionale, quindi faremo la differenza nel formare il personale affinché sia più preparato a organizzare i servizi”.

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