Un protocollo operativo, che indichi il progetto riabilitativo individualizzato come pratica standard a favore dei pazienti con gravi cerebrolesioni acquisite. Secondo la presidente dell’Associazione Brain Traumi Cranici odv, Edda Sgarabottolo, è ciò che attualmente manca nella stragrande maggioranza delle strutture di terzo livello dedicate a queste forme di lesioni.

“Noi di Brain lo facciamo di prassi, perché lo riteniamo assolutamente importante – spiega la presidente -, ma il progetto dovrebbe essere un obiettivo di tutti i percorsi di riabilitazione di terzo livello. E dirò di più. Esso deve essere elaborato già durante la fase post-acuta, vale a dire quando il paziente è ancora ricoverato nel reparto di riabilitazione dell’ospedale. Questo per non perdere nemmeno un minuto di tempo e per non lasciare sole neanche per un istante le famiglie”.

Come fare un progetto

“Stabilire la prognosi è compito del medico e della sua équipe – continua Edda Sgarabottolo – ed è lì che si deve innestare il progetto individualizzato, che deve coinvolgere tutti gli attori in campo: staff medico, appunto, e poi i famigliari (che possono riferire abitudini, interessi e passioni del paziente nella sua vita pre-trauma) e i servizi sociali e riabilitativi che si prenderanno in carico il singolo caso. Se non c’è un progetto focalizzato sull’unicità della persona, è difficile per il servizio sociale trovare ed impostare la soluzione più adeguata”.

“Noi di Brain abbiamo ideato da tempo un metodo che prevede l’accompagnamento dei pazienti e delle loro famiglie fin da prima delle dimissioni in ospedale, evitando che, anche per un solo giorno, vengano lasciati soli con le loro paure e difficoltà. Ma la nostra può essere considerata un’eccezione rispetto al panorama generale del servizio sanitario e sociale nazionale. Bisogna fare un passo in avanti perché, come dice uno dei miei maestri, il dott. Giuseppe Zappalà, è giusto guardare al danno, ma soprattutto alle risorse di un paziente. E queste emergono soltanto attraverso il progetto individuale”.

La formazione

 In attesa che le istituzioni competenti rendano il progetto parte integrante di nuove linee guida relative alle gravi cerebrolesioni acquisite (traumi cranici, ictus, anossie cerebrali), l’Associazione Brain si sta facendo divulgatrice di buone pratiche, che possono essere già calate nella realtà. “Ad esempio, parleremo dell’importanza del progetto di recupero anche in occasione del master in riabilitazione cognitiva che abbiamo promosso e ospiteremo tra maggio e novembre di quest’anno – afferma la presidente -, perché siamo convinti dell’importanza di individuare nuovi obiettivi di vita per le persone colpite da queste gravi lesioni del cervello. È l’unico modo per eliminare l’emarginazione che purtroppo interessa ancora troppe persone e famiglie alle prese con questi eventi che sconvolgono la vita”.