Cosa si fa davanti a un gigante? O lo si emula o si sale sulle sue spalle per cercare di guardare più lontano. E questo è ciò che ha fatto il prof. Elkhonon Goldberg di fronte a colui che è considerato il fondatore della neuropsicologia: Aleksandr R. Lurija.

La figura di questo genio è stata esplorata nel corso della giornata di studio organizzata dall’Associazione Brain Traumi Cranici odv in Villa Cordellina Lombardi a Montecchio Maggiore. L’evento, che ha visto un’ampia partecipazione di pubblico, ha inteso celebrarlo a 120 anni dalla sua nascita. E per farlo al meglio, oltre a vari studiosi, è intervenuto, con un video, anche il prof. Elkhonon Goldberg che Lurija ha avuto modo di conoscerlo molto bene.

Goldberg, infatti, si è formato nella scuola di Lurija, a Mosca, per poi fondare e dirigere, a New York, il Luria Neuroscience Institute, diventando uno dei massimi esperti di funzioni esecutive dei lobi frontali.

Goldberg ha consegnato un ritratto del suo mentore nella lectio magistralis intitolata “Sulle orme di Lurija: sistemi funzionali in tre dimensioni”.

I sistemi funzionali secondo Lurija

“Se Lurija avesse saputo dell’adorazione che oggi circonda il suo nome ne sarebbe stato contento, ma allo stesso tempo, essendo piuttosto impaziente, se ne sarebbe scocciato perché avrebbe voluto sapere come sarebbero state usate le sue idee”, ha esordito il prof. Goldberg.

“In un’epoca in cui si pensava al cervello in maniera modulare, cioè come un insieme di loci dalle funzioni distinte, Lurjia mise in dubbio questa idea per arrivare a teorizzare il concetto di sistemi funzionali. All’epoca, infatti, non c’erano gli strumenti per dimostrare in vivo questa teoria. Bisognerà aspettare alcuni anni perché ciò avvenga”, ha proseguito.

Sinteticamente, il concetto di sistemi funzionali da lui proposto si basava sull’esistenza di tre dimensioni: emisfero destro ed emisfero sinistro; lobo frontale e lobo posteriore; una regione bassa e una alta. Aspetti, questi, che hanno influenzato gli studi di Goldberg (e non solo).

La divergenza di pensiero con il maestro 

“Ero un suo studente all’università quando mi scontrai per la prima volta con le sue idee – ha spiegato il neuroscienziato e neuropsicologo –. Egli, infatti, sosteneva che i due emisferi del cervello svolgessero funzioni diverse, ossia che quello sinistro riguardasse il linguaggio e quello destro le funzioni non verbali. Mi suonava strano, però, che fosse una caratteristica di tutte le specie, quando solo gli esseri umani possono parlare. Ci doveva essere un principio universale che non capivo”.

Una prima svolta arrivò dall’incontro con due chirurghi di neuropediatria che avevano osservato come, nei bambini, i danni all’emisfero destro fossero più estesi rispetto a quelli all’emisfero sinistro. Si trattava di una rivoluzione rispetto a quello che si riteneva all’epoca e che sosteneva esattamente il contrario.

“L’ipotesi venne confermata molti anni dopo, ma in quel momento richiamò il mio scetticismo iniziale e feci questo ragionamento – ha precisato Goldberg –. Pensai che per un bambino il mondo è nuovo. Crescendo, invece, gli diventa familiare perché apprende maggiori competenze, conoscenze e strategie cognitive. Di conseguenza, potrebbe configurarsi che l’emisfero destro ha il compito di affrontare le novità cognitive, mentre quello sinistro funge da banca dati delle routine cognitive?”

Una nuova teoria si fa strada

L’idea della routinizzazione delle novità cominciò a farsi sempre più forte in lui in quanto spiegava la differenziazione degli emisferi in tutte le specie.

“Negli Stati Uniti cominciai a lavorare a uno studio con Costa, facendo una revisione della letteratura scientifica a supporto della nostra ipotesi – ha proseguito Goldberg –. Nel paper formulammo, per la prima volta, l’ipotesi secondo cui l’emisfero destro è fondamentale per l’elaborazione esplorativa dei processi cognitivi nuovi, mentre l’emisfero sinistro serve a rielaborare le informazioni già acquisite. Questa teoria trovò molta risonanza”.

Nel tempo sono stati sviluppati dei test age-centered e dei test di tipo veridico (i primi basati sulle preferenze delle persone, i secondi volti a dare la risposta corretta) che hanno permesso di studiare come si attivino i lobi.

“È stato riscontrato che, quando si fa riferimento a qualcosa di nuovo, si attiva il lobo frontale dell’emisfero destro. Man mano che il soggetto impara a capire, invece, sviluppa delle strategie cognitive per cui il centro della gravità cognitiva si sposta verso la parte posteriore della corteccia, passando dall’emisfero destro a quello sinistro”.

La conferma alla teoria di Goldberg è giunta anche da studi successivi, condotti con altre tecniche, tra cui la morfometria quantitativa.

A Lurija, quindi, tanto si deve per le sue sollecitazioni. E il convegno è stato anche l’occasione per dedicargli una mostra realizzata dal prof. Marco Catani con il contributo della Oliver Sacks Foundation. È stato infatti proposto un “percorso epistolario” sulla corrispondenza che il grande neuropsicologo russo ha intrattenuto, nei suoi ultimi anni di vita, con lo scrittore Oliver Sacks.