Basta pronunciare la parola “orto” e sul volto degli ospiti della comunità La Rocca si accende il sorriso. È una delle attività, promosse dall’associazione Brain, che ha permesso a molti di loro di scoprirsi perché, si sa, il contatto con la terra tanto può fare. Anche far appassionare alla coltivazione. E così, l’appuntamento del venerdì mattina nell’orto di Cervarese Santa Croce è diventato col tempo quanto mai atteso. Peccato solo che, di recente, il gran caldo abbia costretto a sospendere momentaneamente l’attività.

I vantaggi dell’orto riabilitativo

Manipolare la terra, seminare, annaffiare, togliere le erbacce, raccogliere, potare. Tante sono le azioni che l’ortoterapia sta insegnando alle persone alle prese con la riabilitazione dopo un trauma cranico. E non sono le sole. Perché lavorare la terra significa anche apprendere le caratteristiche dei vari prodotti, nonché consumarli e scambiarli.

“È un’esperienza importante per il recupero della persona – spiegano dalla Rocca –. Di fatto, presenta tre caratteristiche essenziali: stimola la manualità, si svolge a contatto con la natura e permette di raccogliere i frutti del proprio lavoro. Inoltre porta con sé un aspetto generativo, che consiste nel prendersi cura della vita delle piantine, con benefici anche per la persona stessa che può veder accrescere le proprie autonomie. La soddisfazione è tanta”.

L’importanza della rete sociale

L’attività di orticoltura è resa possibile grazie alla sensibilità e alla disponibilità dei proprietari del vivaio “La Campanella” a Cervarese Santa Croce, in provincia di Padova. In una zona, infatti, è stata ricavata un’area attrezzata, usufruibile appieno dalle persone con disabilità.

L’orto è realizzato all’interno di otto vasche che favoriscono la partecipazione attiva e autonoma all’attività da parte di tutto il gruppo di lavoro, pur con i limiti di ciascuno.

Lì, con l’affiancamento dell’educatore e degli operatori della comunità, si coltivano gli ortaggi più vari, come l’insalata, la rucola, i pomodori, le zucchine e le melanzane, o legumi come i fagioli. Il tutto a seconda della stagionalità e senza l’uso di pesticidi. In breve, tutti i prodotti sono freschi e biologici.

Non solo. Occuparsi dell’orto è anche occasione di socialità. Ad esempio per gustare la torta che i vicini non fanno mai mancare o per concludere la mattinata pranzando assieme o giocando a carte.

Le testimonianze degli ospiti

“Amo far nascere e crescere le piantine. Non avevo mai coltivato un orto prima e mi piacerebbe approfondire quella che ormai è diventata una passione. Mi sono occupato dei pomodori e so che la produzione è stata buona – ci racconta Luigi con un ampio sorriso e un filo di emozione –. Per me La Rocca è una seconda famiglia”.

L’orto è stato una sorprendente novità anche per Franco. “Mi piace fare un po’ di tutto, come seminare le verdure e poi mangiarle con le altre persone della comunità – ci svela –. A volte vengono date anche ai familiari o a esterni che dopo ci dicono se erano buone. L’orto, poi, è un motivo per andare fuori”.

Già, perché vivere l’orto è per loro fonte di svago rispetto alla normale quotidianità.

Lo sottolinea anche Tommaso: “Il posto è bello e si sta insieme agli altri. A me piace togliere l’erba con la zappetta, raccogliere le verdure e metterle nelle cassette”.

La soddisfazione è palpabile e i risultati finora raggiunti dai partecipanti confermano una volta di più l’efficacia dell’orto riabilitativo.